O' carnacuttaro
La tradizione culinaria del Sud è ricca di ricette a base di frattaglie e quindi di mestieri collegati alla loro vendita per strada; il carnacuttaro - figura presente in tutto il Sud ma particolarmente in Campania e in Sicilia - era il venditore ambulante di carni cotte, cioè trippa, 'o pere e 'o musso (piede e muso di maiale) e zuppe di frattaglie.Un mestiere di origini molto remote: l'antica nobiltà, infatti, considerava il piede e il muso del maiale, la trippa e le interiora parti di scarto, un'offesa al gusto. La servitù che viveva all'ombra di tanta signorilità, alle prese con la sopravvivenza quotidiana dove nulla si butta e tutto può essere commestibile, imparò a sfruttare e ad apprezzare anche queste "povere" pietanze.
Anche l'appellativo "zandraglia”, avrebbe a che fare con la trippa... A Napoli infatti sin dal 1600, dagli usci e i balconi delle cucine reali venivano gettati alla plebe, in segno di magnanimità di sua maestà, le frattaglie e le interiora degli animali macellati e cucinati nella reggia. I cuochi francesizzati gridavano "Et voilà, les entrailles, magnatevelle!" rivolgendosi a coloro che correvano per contendersi gli avanzi davanti alle porte delle nobili cucine.
Le zandraglie erano quindi quelle donne del popolino che dai quartieri scendevano a Palazzo Reale e aspettavano fuori dalle cucine gli scarti della lavorazione degli animali. Dunque soprattutto delle interiora. E si accapigliano gridando e picchiandosi per prenderne la maggior parte possibile quando erano buttate in strada dai servi. "Sì na zandraglia" è uno dei peggiori termini dispregiativi che si può usare verso una donna, in genere quando urla e si agita.
Il vero carnacuttaro non è però il venditore ambulante, che in estate si limita a vendere piede e testina di maiale; è una figura oggi molto rara, che esercita il mestiere in un locale con tanto di posti a sedere e di pentoloni pieni, appunto, di carne cotta; infatti questi alimenti si servono bollenti, appena estratti dal loro brodo denso e grasso. Se aggiungiamo le tipiche friselline di grano otteniamo la cosiddetta zuppa di carnacotta, piatto invernale composto da frattaglie di vitello o di manzo - trippa, intestino, rene e polmone.
L'espressione: "T'a faje cu ll'ove 'a trippa!" significa letteralmente "Te la fai (te la prepari) con le uova la trippa!". Così, con ironia e sarcasmo, ci si rivolge a chi si è cacciato nei guai o si trova in una situazione rischiosa.
Una volta - e in qualche vicolo capita di trovarne ancora - c'erano i ventraiuoli, ambulanti che vendevano le trippe lavate, lessate, sbiancate e tagliate in piccoli pezzi disposti su fogli di carta oleata. Si mangiavano con le mani dopo averle cosparse di sale e limone.
La parte detta centopelle veniva tagliata a strisce larghe e lunghe somiglianti ai galloni dei marescialli sulle divise; da qui probabilmente il nome "mariscialla" alla zuppa ricavata da frattaglie di vitello.
La piazza del Pendino era il luogo in cui a Napoli più che altrove i carnacottari avevano le botteghe. Lo conferma il ministro Antonio Salandra nel suo diario del 1917: "Nel quartiere Pendino, ch'è nella Napoli storica, uno dei quartieri di Masaniello, vi erano le botteghe di carnacottaro. Non avevano porte, perché erano aperte notte e giorno, il loro calderone perennemente accoglieva nella sua anima bollente la zuppa di carnacotta che nel basso dialetto assume uno strano sinonimo. Viene detta la marescialla."
E lì le grida dei venditori si levavano alte, come ricorda nel suo dizionario l'Altamura: "La sua voce è la seguente: Tengo o musso, o pere 'e puorco, o callo 'e trippa!". Più o meno come ancora oggi qualcuno tenta di fare qua e là lungo le strade di Napoli. A Napoli però anche in quasi tutte le macellerie è possibile facilmente acquistare la trippa e il famigerato pere e 'o musso...
Alla Pignasecca, quartiere storico di Napoli, troviamo una tripperia che prende il nome appunto di "Le zandraglie". Qui potrete gustare l'agognato pere 'e musso e la cassica trippa al pomodoro. La superba zuppa di carnecotta (con budellino e bolletta-lampredotto) e la zuppa marescialla di cui si diceva prima. E ancora il famoso soffritto e gli stentinielli. Insomma un luogo dove ancora oggi potrete gustare un po' tutti i sapori e le atmosfere di una volta...
- L'articolo "O' carnacuttaro" a firma di Don Mimì è apparso sul blog A tavola con Don Mimì che ringraziamo per averne autorizzato la ripubblicazione.